La corsa allo iodio

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Dopo l’attacco russo alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, in Italia, ma anche in altri paesi europei, si è registrata una vera e propria corsa all’acquisto di pillole di iodio. In Norvegia, per esempio, le scorte sono state esaurite in una settimana, in Belgio si è arrivati ad una vendita di circa 30 mila confezioni al giorno e il loro prezzo è andato alle stelle. Insomma, la paura di “fughe ad alto rischio” si sta disseminando a macchia d’olio e lo iodio sembra essere il passepartout per prevenire e ridurre gli effetti di un’eventuale dispersione di radiazioni, simili a quelle che si registrarono nel 1986, quando dalla centrale di Chernobyl si liberò una nuvola di veleni, compreso il famigerato iodio 131 .

Ma è proprio così ? Vale la pena di mettere nell’armadietto dei farmaci anche una confezione di iodio e sentirsi per questo in una botte di ferro?  Ne abbiamo parlato con il professor Andrea Giustina, primario di endocrinologia all’ Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di endocrinologia e malattie del metabolismo all’Università Vita e Salute.

Perché la corsa allo iodio?

Perché è l’elemento che la tiroide utilizza per la sintesi dei suoi ormoni ed è quindi fondamentale per il suo buon funzionamento: se ne è a corto, la ghiandola può diventare pigra, o ingrandirsi, dando origine all’ipotiroidismo e al gozzo. Proprio per questo, le autorità sanitarie, comprese quelle del nostro Paese dove 1 italiano su 10 ha una carenza di iodio, suggeriscono a chi vive lontano dal mare di utilizzare ogni giorno sale iodato (5 grammi garantiscono 150 microgrammi di iodio) e di mettere in tavola spesso merluzzo, dentice, sogliola, crostacei e/o molluschi, ricchi del prezioso elemento. Già, perché, la ghiandola è “affamata” di iodio e tende ad accaparrarsene il più possibile. Sfortunatamente, non è però in grado di distinguere tra la sostanza stabile, ovvero quella “buona” che assumiamo attraverso l’alimentazione o le pillole, e quella radioattiva. In caso di dispersioni nucleari , lo iodio radioattivo tende perciò ad accumularsi al suo interno, provocando effetti  potenzialmente dannosi al DNA delle sue cellule che possono dare origine ad un tumore della ghiandola, anche se in genere si tratta di neoplasie poco aggressive.

Assumere iodio stabile potrebbe quindi essere un antidoto?

In linea teorica si : una pillola di iodio stabile, sotto forma di ioduro di potassio, “sazia “ la tiroide per almeno 24 ore e, se si inizia ad  assumerla entro 3-4 ore da un incidente  nucleare, evita che la ghiandola assorba lo iodio radioattivo presente nell’aria, nell’acqua o nei cibi contaminati . Nonostante ciò,assumere iodio a scopo preventivo è assolutamente inutile e addirittura potenzialmente dannoso.  

Perché?

Perché gli effettivi rischi di un ipotetico incidente nucleare che coinvolga il nostro Paese,  ad oggi, sono decisamente remoti  e non vanno valutati sull’onda della paura. Se si dovesse verificare una fuga di veleni da una centrale ucraina , la nuvola radioattiva dovrebbe percorrere migliaia di chilometri prima di arrivare sul nostro territorio e la contaminazione sarebbe molto esigua. Infatti, dopo Chernobyl, l’andamento dei tumori tiroidei in Italia non sembra aver risentito dell’incidente, diversamente da quanto è successo nelle zone rosse, limitrofe alla centrale. Non solo: in caso di disastro nucleare  si liberano anche altri isotopi radioattivi  come cesio-137 e stronzio-90 contro i quali le compresse di iodio non hanno alcun effetto. Da non dimenticare, infine che il rischio di sviluppare un tumore alla tiroide per colpa di un’esposizione sono strettamente dipendenti da alcuni fattori, primo tra tutti l’età. A correre i pericoli maggiori sono i più piccoli e gli adolescenti under 18. Nei soggetti tra i 18 ai 40 anni il rischio è intermedio, mentre sopra i 40 anni è basso. Insomma nel nostro Paese il rapporto rischi – benefici per la salute, al momento, pende sul fronte dei rischi.  

medico prescrive farmaco

Questo significa che assumere iodio a scopo preventivo oltre ad essere inutile può riservare sorprese?

Certo: l’assunzione cronica e senza indicazione medica di pillole di ioduro di potassio non è priva di rischi. Le pillole forniscono alla tiroide una quantità eccessiva di iodio che può mandarne in tilt la funzionalità. La ghiandola, supernutrita, potrebbe diminuire la produzione dei suoi ormoni oppure, al contrario, aumentarla grazie ad una maggior disponibilità di materia prima utile alla loro sintesi. Di conseguenza  potrebbero risentirne anche le funzioni che sono sotto il controllo della tiroide come il battito cardiaco, la temperatura corporea e il metabolismo di zuccheri, grassi e proteine.

E utilizzarlo perché effettivamente si è verificato un incidente nucleare?

Può avere un senso, ma non affidandosi al “fai da te”, e sempre tenendo conto degli effettivi rischi che corre il nostro Paese. Stando a quanto indica anche l’Istituto Superiore di Sanità, la somministrazione orale di iodio stabile è considerata una strategia appropriata per ridurre il rischio di effetti negativi sulla salute delle persone esposte a un rilascio accidentale di iodio radioattivo e in molti paesi viene annoverata nei piani di emergenza. La somministrazione va però effettuata se necessario e dietro precisa indicazione delle Autorità Sanitarie.

Intervista ad Andrea Giustina, MD
President, European Hormone and Metabolism Foundation
Prorector and Head, Institute of Endocrine and Metabolic Sciences
San Raffaele Vita-Salute University and IRCCS Hospital